La Sicilia, adagiata al centro del Mediterraneo, fin da epoche remote è stata un approdo naturale per navigatori e commercianti. La sua speciale posizione geografica ha favorito l’incontro di popoli e civiltà:la mitezza del clima, la fertilità del terreno e la pescosità dei suoi mari hanno ispirato eccezionali connubi di ingredienti locali e importati.
E’ nata così una gastronomia che raccoglie le tracce di diverse culture avvicendatesi in questo territorio, proprio come quella tradizione islamica che qui sinteticamente viene illustrata.
Le busiate (dall’arabo busa), sono un tipo di pasta simile al bucatino,ottenuta mediante l’avvolgimento dell’impasto attorno al gambo della pianta dell’ampelodesmo. La tabbisca e lo sfinciuni, schiacciate di pasta lievitata, vengono condite con diversi ingredienti: l’olio, l’origano, il pomodoro, la cipolla, le acciughe e il caciocavallo. Il cuscus (cuscusu), viene preparato nella provincia di Trapani esclusivamente con condimento di pesce secondo il procedimento dell’incocciata all’interno di un contenitore di terracotta chiamato mafarada.
A San Vito Lo Capo ogni anno nel mese di settembre, si svolge un festival dedicato a questo piatto. Esiste anche una versione dolce preparata nel convento delle suore cistercensi della Badia Grande del Monastero dello Spirito Santo di Agrigento.
L’arrivo della cultura islamica in Sicilia, apporta nuovi modelli gastronomici (il dolce e il salato) oltre a nuove piante ed ortaggi: il pistacchio, il carrubo, gli agrumi, la canna da zucchero, il riso, le melanzane, gli spinaci, i carciofi, le spezie. Etc. Basti qui ricordare la pasta con le sarde a cui si aggiungono pinoli, uva passa e zafferano, le melanzane imbottite (ammuttunate) o i pasticcini di Modica preparati con tritato di carne addolciti con miele e zucchero (impanatigghi). Diversi sono i tipi di insalata conditi con olio, aceto, origano e zucchero.
Altra tradizione persistente tra le due sponde del Mediterraneo è legata la produzione di pupi di zucchero che vengono regalati ai bimbi, in Sicilia, in occasione della festa dei morti, e in Tunisia, nella zona di Nebeul per il capodanno islamico. Marzapani,torroni, frittelle, zuccate e frutta candita, sciroppi e sorbetti, il riso con il latte dolcificato e il biancomangiare, portano alla luce modelli alimentari di origine islamica.
Ricordiamo la cubbaita di giuggiolena (torrone al sesamo), quella di mènnuli (torrone alle mandorle) e al pistacchio (fastuq in arabo). Le frittelle tipiche siciliane si chiamano sfinci (isfang in arabo).
La carruba è il frutto di un albero importato in Sicilia dagli arabi da cui da cui se ne ricava una farina che si utilizza per preparare pasta e dolci, oltre il melasso.
Testi di turcu ossia testa di turco, è un dolce tipico al cucchiaio del Comune di Castelbuono, preparato con una sottile sfoglia di pasta fritta ed una crema di latte profumata alla cannella e al limone.
Lo zibibbo (zàbib, uva passa in arabo) è un vino passito, specialità dell’isola di Pantelleria e della Sicilia. La cassata è un dolce siciliano, la cui etimologia non è del tutto chiara: c’è chi la fa derivare dall’arabo quas’at, qashatah con il significato di ciotola ricollegandola alla dominazione saracena con un trasferimento del nome del contenitore in cui veniva preparato il dolce stesso – con la stessa etimologia troviamo il casatiello – oppure dal latino caseus formaggio, e caseatus un dolce dell’epoca romana, addolcito con il miele. Il richiamo alla cucina islamica è da rintracciare sicuramente nelle materie prime che decorano il dolce: il marzapane e la frutta candita.